Villa Calvi Radice Fossati (già Villa Vismara)
Ultima modifica 13 marzo 2020
“La Villa Vismara è un bel fabbricato posto sull’altura, che domina a tutti i venti sino dove l’occhio può giungere, ed un arcipelago di paesi si apre sul davanti nella pianure, che termina contro le Alpi e l’Appennino. Un maestoso e lungo viale nel prospetto della casa guida, sempre sull’altura, alle uccellande. L’erta frondosa riva, che discende all’ovest nella valletta della Ferranda è romantica.
Quanto è mai piacevole il soggiorno in questa villa!
Monsignor Vismara quà gustava ogni suo diletto, il principe Vilcek ed il conte Firmian quà pure pure villeggiarono; ed ora la nobile famiglia Vismara vi si trattiene buona parte dell’anno visitata da gli amatori del bello e dell’ameno.
L’oratorio è ricco di un basso rilievo in marmo di Carrara, rappresentante la deposizione della Croce, lavoro di Marchesi fatto con ottimo gusto e squisita perizia d’arte”.
Così Carlo Annoni descriveva Villa Vismara – ora Calvi Radice Fossati – a Montesolaro nella sua ricognizione del borgo di Canturio e la sua pieve nel 1835. E tutt’ora continua ad affascinare questa vlla, punto focale di una fuga prospettica, un cannocchiale che la collega al paesaggio circostante fortunatamente ancora ampio e libero.
Quando fu costruita sembra essere stata la residenza estiva del marchese Rapolano; dal 1708 al 1757 appartenne ai marchesi Brivio, poi passò ad Alfonso Vismara che dal 1757 la rinnovò radicalmente aggiornandola in base al gusto barocchetto.
In seguito venne ereditata dalla famiglia Calvi fino al 1948 quando divenne possedimento degli attuali proprietari: i conti Radice Fossati Confalonieri.
L’impianto architettonico della villa – che può apparire complesso perché comprende anche vari cortili, i corpi rustici e i portali monumentali – è riconducibile, nella parte padronale, ad un blocco lineare con due avancorpi simmetrici rivolti a sud costruito dopo la metà del Settecento. La fondazione della villa risale, però, almeno al secolo precedente. Seicentesca risulta infatti la parte più antica di cui fa parte lo scalone a due rampe.
Questa tipologia è abbastanza coerente con quella delle ville del barocchetto teresiano lombardo diffuse soprattutto a Varese. I caratteri comuni a queste ville si possono riscontrare nella costruzione degli spazi esterni, con il lungo viale alberato (circa 550 metri) che sale dalla strada sottostante ai fabbricanti minori e rustici. Ma anche nell’asse prospettico di accesso al cortile, in salita, centrato sulla cancellata monumentale e delimitato da corpi di servizio barocchetti; e ancora nel cortile d’ingresso terrazzato a nord con recinzione a balaustra barocchetta sagomata e asse scenografico alberato degradante sul pendio, con scopo puramente ottico; e sul retro, a sud, nella seconda grande terrazzatura sistemata a parterre con una balaustra sagomata arricchita da statue di pietra molera provenienti da un’altra villa del conte Radice Fossati.
La villa, molto bella, ha decorazioni in rilievo in pietra sulla facciata. All’interno, nel salone principale a due piani si trovano due affreschi di Giovan Battista Ronchelli, pittore varesino che lavorò con Magatti. Pur essendo datati 1778 sono così ben conservati da non aver mai richiesto alcun restauro. Rappresentano Alessandro e la famiglia di Dario e La Generosità di Scipione.
La villa è ricca di altri elementi decorativi: alcuni realizzati a fresco nelle sale laterali al salone e ai piani superiori; affreschi su volte e cassettoni, attorno alle porte, piccoli medaglioni e pregiati stucchi nella volta dello scalone e del salone centrale. La foresteria conserva soffitti affrescati di epoca romantica. Molti dei quadri originari sono stati rimossi ad eccezione di un interessante ritratto di un Vismara, opera del 1780 del pittore austriaco Martin Knoller, artista molto in voga all’epoca tra la nobiltà milanese.
Collegato alla villa con un passaggio interno vi è un oratorio gentilizio dove ancora si celebrano messe. È stato completato in epoca neoclassica e contiene un altorilievo di Pompeo Marchesi (1783/89-1858), scultore che lavorò per la Fabbrica del Duomo.
Questo contesto davvero unico ha ispirato alcuni dei suoi ospiti più prestigiosi come il Londonio, che qui realizzò varie sue opere, o il Cimarosa, che sembra aver composto il Matrimonio Segreto quando fu ospite dei Vismara. Pare che anche il Parini abbia soggiornato qui.
Fonte: “Carimate tra la storia e la cronaca”; Autori vari; ed. Comune di Carimate